domenica 28 ottobre 2012

Tubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus

"Il cannolo non è un dolce cristiano, 
ché la varietà dei sapori e la fastosità della composizione 
tradiscono una indubbia origine mussulmana"
- Duca Alberto Denti di Pirajno -

È divertente osservare la reazione delle persone a cui racconto della decisione di frequentare un corso di pasticceria di un certo livello.
Essendo da sei anni impiegata in tutt'altro settore, alla notizia la maggior parte delle persone esibisce un'espressione da "pagina di errore", come se avessero cliccato su un link non funzionante.
Non riescono a fare il collegamento. In genere però, si riprendono in fretta: c'è chi si congratula, chi mi dice "in bocca al lupo" e chi prenota una torta.
Ho dato la notizia alla mia famiglia domenica scorsa. Mia sorella ha strabuzzato gli occhi, mio cognato ha esclamato: "Bene! Io sono d'accordo, apriamo una pasticceria!".
Il mio reverendo padre, bastiancontrario per partito preso, e a volte sospetto anche per contratto, ha chiesto: "Ma proprio un corso di pasticceria?! Non potevi trovare qualcosa di più allettante?".
Come se esistesse qualcosa di più allettante della pasticceria. Tzè.
La mia amica V. all'annuncio, dato tramite e-mail, ribatte: "L'idea del corso di pasticceria non so da dove ti sia venuta ma mi sembra una cosa figa. Io mi prenoto per una crostata alla ricotta, o al limite per dei cannoli siciliani (lisci, senza canditi né pezzi di cioccolato, mi raccomando).".
Leggendo queste parole,  mi è tornto in mente l'Unico Vero Cannolo siciliano della mia vita, mangiato a Messina, l'unica (ahimè) volta che ho posato il piede su terreno siculo.
Enorme e "liscio", senza canditi nè cioccolato appunto, "che quelli li mette chi non fa la crema di ricotta come la mia, che sa di latte, e vuole coprire il sapore" mi ha spiegato il vecchio pasticcere con gli occhi inspiegabilmente chiari, antico come la poesia della sua isola.
E lisci ho provato a rifarli, concedendo il cioccolato solo alla decorazione.



 Ingredienti per 9 cannoli:

Per le scorcie
125 g di farina
15 g di zucchero a velo
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di cannella
mezzo cucchiaino di caffè in polvere
due cucchiaini di cacao amaro
25 g di strutto
Mezzo uovo
15 ml di aceto
15 ml di Marsala o vino bianco secco

Per il ripieno
300 g di ricotta
100 g di zucchero

Per prima cosa mettiamo la ricotta in un colino sopra a una bacinella e riponiamola in frigo affinchè perda il siero. 
In una ciotola mettiamo la farina setacciata  e aggiungiamoci lo zucchero a velo, il sale, il caffè, il cacao e la cannella anch'essi setacciati, e infine lo strutto e l'uovo. Mescoliamo l'aceto con il marsala e, cominciando a impastare, aggiungiamoli al composto poco per volta perchè potrebbe non essere necessario utilizzarli completamente. 
Impastare per qualche minuto su una spianatoia, fino a ottenere un impasto liscio, elastico e consistente. Avvolgiamo l'impasto nella pellicola trasparente e facciamo riposare in frigo per almeno un'ora. 
Nel frattempo prepariamo la crema, mescolando delicatamente la ricotta con lo zucchero, copriamo la ciotola con la pellicola trasparente e lasciamo riposare in frigo per un'ora. 
Trascorso questo tempo passiamo in un colino il composto, per ottenere una crema liscia e senza grumi.
Stendiamo la pasta per le cialde in una sfoglia sottile dello spessore di un paio di millimetri e ritagliamo dei cerchi di circa dieci cm di diametro utilizzando un coppapasta. Per renderli leggermente ovali ripassiamoli col mattarello per il senso della lunghezza e arrotoliamoli sugli appositi cilindri di metallo.
Spennelliamo le estremità con dell'uvo battuto o dell'acqua per facilitare la chiusura (io ho utilizzato il mezzo uovo avanzato dalla preparazione dell'impasto). 
Friggiamo le cialde in abbondante strutto caldo (io ho utilizzato al posto dello strutto dell'olio per fritture, scaldato alla temperatura di 170-180°). 
Appena saranno dorate da ogni lato, mettiamo le cialde a scolare su un foglio di carta assorbente e facciamole raffreddare completamente. 
Sfiliamo i cilindretti di metallo e riempiamo le scorze con il ripieno di ricotta aiutandoci con una tasca da pasticcere e spolveriamo con lo zucchero a velo.






domenica 21 ottobre 2012

Julie Powell sono io

"Lo sai perchè mi piace cucinare"
"No, perché?"
"Perchè dopo una giornata in cui niente è sicuro, e quando dico niente voglio dire...niente, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d'uovo, zucchero e latte, l'impasto si addensa. È un tale conforto."
- da Julie&Julia - 

Ho visto questo film per la prima volta un paio d'anni fa, ma solo dopo averlo riguardato recentemente ho capito quanto mi avesse colpita, quanto questa storia mi fosse rimasta appiccicata in testa, quanto mi abbia ispirata, fino ad arrivare alla decisione di cominciare a scrivere questo blog.
Guardatemi: sono io! Julie Powell sono io.
Trent'anni (ok, va bene, trentuno...), un lavoro senza soddisfazioni, un romanzo (a metà).
La perenne sensazione d'incompiuto, il confronto impietoso con coetanee in carriera, in via di realizzazione. 
Julie Powell sono io, siamo noi: un'intera generazione di presenti pieni di passione e di futuri promettenti non (ancora) realizzati.

E poi, finalmente, qualcosa di cui scrivere, di cui essere orgogliosi. Qualcosa da iniziare e da finire. Qualcosa da raccontare, di cui documentare i progressi.
Guardando questo film è fin troppo facile rivedersi, troppo difficile invece non farsi tentare: cucinare!
La ricetta è ovviamente quella di un dolce.
Per Julia, ma soprattutto per Julie, tutte noi.


Tarte Normande aux Pommes
(Qui potete trovare la ricetta originale)

Ingredienti

Per il fondo di pasta Sablèe:
400 g di farina
140 g di burro
50 g di margarina
80 g di zucchero semolato
1 uovo
la buccia grattuggiata di un limone
1 pizzico di sale


Per il ripieno:
1,5 kg di mele Golden

150 g di marmellata di albicocche
50 ml di Calvados o rhum o cognac
150 g di zucchero
50 g di burro
Mezzo cucchiaino di cannella


Per la copertura:
3 mele Golden
il succo di un limone
4 cucchiai di zucchero
150 g di marmellata di albicocche


Preparazione
Si comincia col preparare la pasta per il fondo: nel mixer mettiamo la farina, la margarina, il burro e un pizzico di sale. Lavoriamo fino a ottenere un composto sabbioso. 
Uniamo lo zucchero, la scorza del limone grattuggiato, l'uovo e lavoriamo il tutto velocemente, fino ad amalgamare tutti gli ingredienti. 
Formiamo un panetto e mettiamolo a riposare in frigo per almeno un'ora o, se vogliamo ridurre i tempi, nel congelatore per mezz'ora.  

Nel frattempo prepariamo il ripieno: sbucciamo le mele, tagliamole a pezzetti molto piccoli e mettiamole in un tegame a cuocere per circa 20 minuti a fuoco basso. 
Successivamente uniamo la marmellata, il rhum, lo zucchero, la cannella e il burro.
Alziamo il fuoco e lasciamo addensare.

Spremiamo il limone e aggiungiamo due cucchiai di zucchero. Sbucciamo le mele per la copertura e tagliamole a fettine sottili. Per non farle annerire bagnamole con il succo di limone appena preparato e teniamole da parte.


Imburriamo e infariniamo una teglia, stendiamo la pasta sablèe con il mattarello e foderiamo la teglia. Bucherelliamo il fondo con una forchetta. Scaldiamo il forno a 180 gradi. 
Quando sarà ben caldo ricopriamo la teglia con un foglio di carta da forno, appoggiamoci un peso (ad esempio il fondo di uno stampo leggermente più piccolo, in modo che la pasta non si gonfi) e inforniamo. Trascorsi 10 minuti togliamo la carta da forno e il peso e lasciamo cuocere per altri 5 minuti.

Versiamo il ripieno nel guscio di pasta sablèe e copriamo la torta con le fettine di mele disponendole a spirale. Inforniamo per altri 35 minuti, finchè le mele della copertura saranno ben dorate.

Poco prima di sfornare la torta prepariamo la glassa per lucidatura. Passiamo in un colino la marmellata di albicocche e aggiungiamo lo zucchero. 
Portiamo a bollore e, una volta sfornata la torta, cospargiamo tutta la superficie con la glassa calda, creando uno strato sottile.

Bon appetit!









venerdì 19 ottobre 2012

Mariscos e altri afrodisiaci


Lavoro in un ufficio open-space. Otto donne e due poveri uomini.
"Poveri", perché si sa: otto donne in uno spazio open parlano.
Anzi, ciarlano. Ciarlano e ciarlano ogni qual volta il loro lavoro glielo consenta.
In genere, storie di vita vissuta.
E trattandosi della vita vissuta da otto "impiegate medie", vi lascio immaginare: niente vecchi biplani né antichi vasi da salvare. Mariti e figli.
E per una che non ha né l'uno, né gli altri, c'è solo da imparare.

Oggi una collega festeggia il decimo anniversario di matrimonio.
Oltre allo sbigottimento per la velocità con cui il tempo passa, A. ha manifestato la sua perplessità nel festeggiare con la classica cena al ristorante.
Ovviamente per prima cosa le ho chiesto se fosse impazzita, per rinunciare alla frizzante attesa di una serata speciale, all'ansia agrodolce per scegliere l'abito, il trucco e il parrucco, all'atmosfera cremosa di un'elegante ristorante.
"Non amo andare a cena fuori" ha poi spiegato "io e mio marito passeremo la sera a cucinare, insieme. E poi ceneremo a casa. Da soli, per una volta" (due figlie n.d.r.).

Se non ci credete...
Ora, il potere afrodisiaco del cibo è stato ampiamente discusso e appurato nel corso dei secoli, da voci molto più autorevoli della mia, ed è ormai riconosciuto e apprezzato da tutti gli amanti della Tavola e della Vita, ma, in effetti, vogliamo parlare del piacere di cucinare insieme?
Vogliamo discutere della partecipazione condivisa all'azione primigenia e simbolica del nutrire e del nutrirsi, come individui e come coppia?
Ed è stato proprio mentre mi chiedevo "che diavolo ho detto?" che mi sono ricordata della Paella. Quella che io e C. cuciniamo insieme.
La Paella. Diventata ormai una tradizione, quasi un rito: è un affare di famiglia, si cucina insieme.
Avere le lacrime agli occhi mentre si trita la cipolla, sentirne lo sfrigolio impaziente; pulire i calamari, attendere che le cozzze si dischiudano, spontaneamente. Dorare i gamberi e tenerli al caldo.
E il brodo. Ci vuole un talento per azzeccare la quantità di fumetto di pesce esatta e non lasciare il riso a morire di sete.
E va bene, non è un dolce ma, saranno i frutti di mare, sarà lo zafferano, sarà il vino che si sorseggia mentre la si cucina, l'esperienza è inebriante.

Chi volesse misurarsi con la ricetta da noi sperimentata, la può trovare qui; io, invece, torno a occuparmi di dolci (e di libri) e vi regalo questa ricetta tratta da Afrodita, di Isabelle Allende, per ingannare il tempo mentre aspetto C., che ha promesso di portarmi fuori a cena...

Charlotte degli amanti
Piena zeppa di afrodisiaci: cioccolato, noci, caffè, liquore, uova!

Ingredienti
4 biscotti savoiardi (o biscotti secchi) sminuzzati
2 uova
1 tavoletta di cioccolato fondente (75g)
2 cucchiai di noci tritate
2 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di burro
Mezza tazzina di caffè nero molto forte
1 cucchiaio di cognac
crema chantilly per guarnire

Preparazione
Spezzetta il cioccolato e fallo sciogliere a bagnomari in una casseruola con 2 cucchiai d'acqua.
Aggiungi lo zucchero e il burro. Mescola vigorosamente rompendo i tuorli uno per volta. Fai cuocere 5 minuti e togli dal fuoco. Monta a neve le chiare e uniscile al cioccolato con le noci. Versa piano il caffè, il cognac e i biscotti. Dividi la crema in due coppette larghe e decora il tutto con crema chantilly.

Buon anniversario...!


lunedì 15 ottobre 2012

Pseudo-cheesecake di compleanno ai lamponi

Il mio capolavoro
Cominciare dal principio.
L'inizio è il qui e l'ora.
È la voglia di ri-cominciare, ri-partire, ri-mediare: è il primo giorno di scuola, la strada di mattoni gialli, la letteratura.
Ri. Ancora e ancora.

E dunque, cominciare dalla fine.

Nello specifico, dall'ultima torta che ho fatto: la torta di compleanno per i 42 anni di C. 
Una pseudo-cheesecake, perchè il fondo è fatto di pastafrolla e non di biscotti Digestive, la crema non contiene formaggio Philadelphia ed è profumata al limone.

La ricetta è vagamente e liberamente tratta da un libro  regalatomi recentemente (grazie A.), a cui ho aggiunto modifiche e considerazioni, che spero potranno essere di una qualche utilità.

Ingredienti per 10 persone circa:
500 g di pasta frolla
400 g di mascarpone
170 g di yogurt greco
5 uova
250 g di zucchero semolato
1 limone
marmellata di lamponi q.b.*

Per la guarnizione
3 vaschette di lamponi 
100 g di cioccolato fondente
ghiaccia reale 
 
Si comincia col grattuggiare la buccia del limone, dopo averla preventivamente lavata e asciugata.
In una ciotola, sbattiamo le uova con lo zucchero semolato e la buccia appena grattuggiata, fino a che il composto non diventi spumoso.
Con l'aiuto del mixer o di uno sbattitore elettrico, amalgamiamo lo yogurt al mascarpone e successivamente uniamo il composto di uova e zucchero.

Accendiamo il forno e regoliamolo su 180° e mentre aspettiamo che si scaldi, foderiamo con la carta da forno uno stampo**. Stendiamo la pastafrolla col mattarello e trasferiamola nella teglia.
Consiglio di fare asciugare il fondo di pastafrolla cuocendola in bianco per una decina di minuti, cosicchè non rimanga troppo umido dal momento che andremo a ricoprirlo stendendo uno strato di marmellata. Versiamo la crema al formaggio e inforniamo per circa 50 minuti.

Completata la cottura, lasciamo riposare la torta nel forno spento per una decina di minuti.
Estrarre dallo stampo e far raffreddare completamente prima di guarnire coi lamponi freschi.


________________
* 200 g secondo la ricetta originale, ma io, ad occhio, credo di averne usata di più. 
E tra l'altro era ai frutti di bosco, se preferite aggiungere una nota più aspra.
** Io ho utilizzato una teglia 24 cm di diametro. In effetti la ricetta originale prevedeva uno stampo da 30 cm e non ho potuto utilizzare tutta la crema, ma il dolce aveva lo spessore tipico di una cheesecake classica.